mercoledì 18 febbraio 2015

Indian style Biancomangiare (in a fullmoon night)

Probably you sensed that I have a special bond with India... I simply love it from the deep of my heart. And I bow to it.
I remember when my aunt, during the early 80's, used to spend months in India as an Hippy girl...
I was very little but I can still recall the smell of the incences she brought home, after her long journey. The "strange" smell of that little coloured cones that, once lit, gave off such a strange and fascinating scent, was so unexpectedly attractive and, in some ways, well-known for me. 
 Actually, I was also very intimidated and, at the same time, attracted by the "odd" faces I could see on the packaging of the incences: princes dressed in strange cloths, with peacock feathers on the top of the head and jewels, some others had an elephant head or more than two arms! Some of them had a blue face!
At that time, I obviously couldn't understand, I was just 4 years old.
But, as you know, we put everything in the storage of our mind and we just leave all these information in a little drawer, waiting to use them at the right time...
More than 35 years later, I am able now to realize that the deepest part of myself was just recognizing something as familiar, because it was... "definitely familiar"!
Now that I know the precious meaning of figures as Sri Krishna, Sri Ganesh, Hanuman, Shiva, I can say that they were "calling" me in some ways.
Every time I go to India, she (I say "she" because it's like a loving Mother who teaches me important lessons) introduces to me a new manifestation of the Divine. Once she told me the deeds of Hanuman, the perfect disciple who opens his heart to show where is his God. 

Another time, she told me the story of Shiva, the destroyer, without whom nothing can evolve. 
I was so moved by the statue of Shiva in Rishikesh: a symbol of strength, magnitude, peacefulness and limitless love, even if overwhelmed by the impetuous waves of Ganges, he keeps still and in bliss. No sign of perturbation.WoW!
I am so touched by the stories of Sri Krishna, a beautiful Prince and an Avatar, full of compassion and universal Love. Prince of compassion, prince of kindness to all.
Some years ago, I met a special, unique soul, a Saint, a Master, a Father. I found my path and this is everything I was longing for.
So, this recipe is a little tribute to India, to everything I always received from this wonderful country.

Actually it's a medieval Sicilian dessert (Biancomangiare literally means "Eat white"), revisited in a Indian style, with spices and coconut milk. "In a fullmoon night" because this dessert looks like a white, magic, oriental moon...
My India, thank you for having embraced me, thank you for having also beaten me sometimes, thank you for having blessed me, thank you for having cleaned myself (and also for having made me dirty!), thank you for all the beautiful souls that have walked on your soil. They blessed your land and all who will come to you.

  I love you India.

 Ingredients for two:
1 can of organic coconut milk
1/2 glass of vanilla soy (or rice) milk
3 Ts of raw sugar
50 gr of grated coconut (dried or fresh)
2 ts of agar agar powder
2 ts of maize starch
1 pinch of vanilla powder
1 pinch of cinnamom
2 cloves
4 cardamoms (use the little seeds inside)
grated rind of 1 lime
grated white chocolate

Preparation:
In a pot put the coconut milk, the soy milk, the sugar, the agar agar powder, the maize starch and all the spices (just remember to take away the cloves at the end) and boil everything for 5 minutes.
Then add the grated coconut and the grated rind of the lime. Mix well and cook it for 5 minutes more. It has to be like a heavenly cream.
Now put this wonderful aromatic cream in a glass bowl or in a cake mold and leave it cool down. Then put it the refrigerator for 2 hours.
If you are a good illusionist you can try to reverse it upside down and then cover the full moon with white chocolate chunks. Otherwise, just enjoy it  with a spoon ;-)

Setting the table:
I suggest you to buy a super coloured indian cloth, light up an incense and eat this sweet dessert under the magic light of a full moon. Then, let go everything and enjoy "the eternal now"...

The music:
 This is one of my favourite songs...Govinda Hare by Krishna Das.


The movie:
Every time I watch this film I am completely overwhelmed by his greatness...
Gandhi by Sir Richard Attenborough.





BIANCOMANGIARE IN STILE INDIANO (IN UNA NOTTE DI LUNA PIENA)

Forse avrete intuito che ho un legame un po’ speciale con l’India... Semplicemente la amo con tutto il mio cuore e a lei mi inchino. Ricordo quando mia zia, nei primi anni ’80, era solita trascorrere diversi mesi in India vivendo come una hippy girl… Ero molto piccola ma posso ancora ricordare l’odore dell’incenso che portava a casa, dopo uno dei suoi lunghi viaggi. 
Quello “strano” aroma che quei piccoli coni colorati, una volta accesi, lasciavano andare pareva al mio olfatto un po' bizzarro e nello stesso tempo terribilmente affascinante. Così inaspettatamente attraente e, allo stesso modo, così “noto”. In realtà ero molto intimidita ma anche attratta da quegli strani volti che erano stampati sulle confezioni degli incensi: Prìncipi vestiti con abiti sgargianti, con piume di pavone sulla fronte e tanti gioielli, alcuni avevano una testa di elefante e altri ancora addirittura più di due braccia! Alcuni avevano la faccia completamente blu! A quel tempo, ovviamente, non potevo capire: avevo solo 4 anni.
Ma, sapete, spesso mettiamo tutto in un cassetto all’interno della nostra mente e lasciamo lì le cose, aspettando solo il momento giusto per tirarle fuori…
Più di 35 anni dopo, posso ora dire che una parte davvero profonda di me aveva invece riconosciuto quei volti come familiari, perché, in realtà, lo erano veramente.
Ora so quale prezioso significato abbiano le figure di Sri Krishna, Sri Ganesh, Hanuman, Shiva… Posso dire che in qualche modo mi stessero “chiamando”…
Tutte le volte che vado in India, Lei (dico Lei perché è davvero come una mamma che mi insegna ogni volta qualche lezione importante) mi presenta una nuova manifestazione del Divino. Una volta mi ha raccontato delle incredibili imprese di Hanuman, il perfetto discepolo che apre il suo cuore per mostrare dove sia il suo Dio. 


Un’altra volta, mi ha narrato la storia di Shiva, il distruttore, senza il quale nessuna cosa può evolversi. Sono stata così colpita e toccata dalla visione della statua di Shiva a Rishikesh: un simbolo di forza, magnificenza, pace e amore infinito, anche se quasi completamente sommersa dalle onde impetuose del Gange, rimane immobile e in profonda meditazione. Nessun segno di perturbabilità. Wow!

Mi commuovono così tanto le storie di Krishna, un meraviglioso Principe e Avatar, pieno di compassione e di amore universale per l’umanità. Qualche anno fa, ho incontrato un’anima unica, un Santo, un Maestro, un Padre. Ho trovato la mia strada e questo è tutto ciò che davvero desideravo nella mia vita.
Quindi, questa ricetta è un mio piccolo tributo all’India, a tutto ciò che ho ricevuto da questo meraviglioso paese.
In realtà questa è la ricetta di un dessert siciliano rinascimentale (il Biancomangiare), rivisitato in stile indiano, con spezie e latte di cocco. “In una notte di luna piena” perché ricorda molto una magica, bianca luna orientale…
India mia, grazie per avermi abbracciato, grazie per avermi anche bastonato a volte, grazie per avermi benedetto, grazie per avermi pulito dentro (e anche sporcato), grazie per tutte le splendide anime che hanno camminato sul tuo suolo. Esse hanno benedetto la tua terra e tutti coloro che sono venuti a te. 

Ti amo India.

Ingredienti per due:
1 lattina di latte di cocco bio
½ bicchiere di latte di soia alla vaniglia (o di riso)
3 C di zucchero grezzo di canna
50 gr di cocco grattugiato (secco o fresco)
2 c di polvere di agar agar
2 c di maizena
1 pizzico di vaniglia
2 chiodi di garofano
4 cardamomo (utilizzate I piccoli semi al loro interno)
La buccia di 1 limone grattugiata
Cioccolato bianco grattugiato.

Preparazione:
In una pentola antiaderente mettete il latte di cocco, il latte di soia (o riso), lo zucchero, la polvere di agar agar, la maizena e tutte le spezie (ricordatevi solo di togliere alla fine i chiodi di grofano) e fate bollire per 5 minuti.Quindi aggiungete il cocco grattugiato e la scorza del limone. Mischiate bene e cuocete per altri 5 minuti. Deve diventare un crema soffice.
Ora mettete questa fantastica crema piena di aroma in una ciotola di vetro o in uno stampo da dolci e lasciate raffreddare per un po’. Quindi mettete il tutto nel frigorifero per almeno 2 ore.



Se siete dei bravi illusionisti potete provare a ribaltare lo stampo o la ciotola per poi ricoprire la mezza luna piena con delle scaglie di cioccolato bianco. Altrimenti, godetevi questo dessert semplicemente con un cucchiaino… ;-)
 


L’apparecchiatura:
Vi suggerisco di comprare una tovaglia indiana di stoffa supercolorata, di accendere un ottimo incenso naturale e di mangiare questo dolce sotto la magica luce di una luna piena. Poi lasciate andare tutto e godetevi l’“Eterno Adesso”…

La musica:
Questa è una delle mie canzoni preferite in assoluto: Govinda Hare di Krishna Das.



Il film:
Ogni volta che guardo questo film, mi sento completamente sopraffatta dalla commozione…




Ho ritrovato qualche giorno fa, uno scritto, una pagina del mio "diario di bordo" del mio primo viaggio in India. Risale a 12 anni fa. Mi fa tenerezza questa Caterina che racconta tutte le sue impressioni, le sue paure e difficoltà, che prova con tutte le sue forze a comprendere... Quante cose sono cambiate... Voglio condividerla con voi:



DIARIO IN INDIA – 8° giorno – 35° all’ombra AGOSTO 2003

In questo momento sono sola, sul letto nel nostro albergo di Varanasi. Siamo arrivati ieri sera, dopo un estenuante ma (lo devo ammettere!) piacevole viaggio in treno. Questo paese a volte sorprende per la sua dolcezza. Sembra abbracciarti, così, da un momento all’altro, senza preavviso. Mi riferisco ai biglietti del treno che non abbiamo dovuto far “rincarare” con le solite mance al capotreno e alle calde e pulitissime coperte di lana (con cuscino) che vengono date per il viaggio. Non ci credevo…
Abbiamo attraversato intere distese verdi di campi, coltivazioni, pascoli e poi ancora piccolissimi villaggi sperduti, strade fangose e rosse, case di terra e paglia, pozze profonde di acqua melmosa dentro alla quale galleggiano, morbidi e annoiati, bufali neri e lucidi.
Dal finestrino, a ogni stazione, ho incrociato, sonnolente, volti di ogni genere, visi che però difficilmente si possono cancellare: bambine appena adolescenti con in braccio il fratellino più piccolo (o il loro bambino?) spettinate, stanche, affannate ma fiere e “grandi” nella loro serietà; donne grasse strizzate nelle loro vesti, accompagnate da un marito straripante di monili, ori e bottoni della giacca, entrambi tirati al massimo. E poi ancora: un uomo Sikh, salito poi sul nostro terno, elegantissimo nel suo turbante vermiglio e orgoglioso dei suoi lunghissimi baffi arrotolati contro le guance; anziane e rugose donne con la pelle scura cotta dal sole e con i capelli grigi, d’argento, tanto in contrasto con i colori sgargianti e irripetibili dei loro sari.
Sì, stonano. Stonano per noi che abbiamo una società che ha deciso che le persone anziane si debbano vestire solo di grigio o di blu o di tutti quei colori così “dignitosi” per una persona di una certa età. Tutte balle.
Quando ero piccola mia zia (viaggiatrice da oltre 35 anni in India e all’epoca una grande “freakettona”) mi raccontava, quando tornava dopo anche due anni di abbandono dell’Italia, del suo stupore nell’aver scoperto che i vecchi volti indiani non hanno paura dei colori: rosa pallido, violetto, arancione, azzurro... “Un posto in cui le regole sono tutte sottosopra” pensavo. E intanto, inconsapevolmente, accantonavo nella mente un’immagine che poi mi sarebbe riapparsa a distanza di vent’anni e più, in questo viaggio attraverso il continente indiano.
Per arrivare a Varanasi siamo partiti da Satna e, dopo 10 ore di cammino su rotaie, siamo arrivati alla nostra destinazione, considerata la città più sacra e santa dell’India. Mi hanno detto di tutto su questo posto: troppo forte per una come me, troppi morti, troppe cose impressionanti. Perfino la zia freakettona mi ha avvisato con forza: “Ti sconvolgerà, non sei pronta, NON ANDARE a Varanasi”.
È logico: sono spaventata.
Siamo arrivati verso le 22,30 in una stazione piena zeppa di gente seduta e sdraiata per terra. È impressionante, quasi da non credere a propri occhi: donne, vecchie, cani randagi, capre, bambini, uomini, di tutto. Tutti accampati per terra, tra le pozzanghere, il fango, la polvere. Senza pensare alla gente che passa, al rumore, ai treni, alla puzza di fumo e gasolio.
Fuori dalla stazione, come al solito, un’aria calda, appiccicosa, unta e dolciastra, migliaia di clacson, campanelli, motori roboanti, segnali acustici di ogni genere. E dieci interessati a strapparti via lo strappabile… “Ten rupies, ten rupies!” dicono i bambini allungando la manina, “Hotel? Here! Here!” ci assalgono invece i taxisti e i pedalatori di risciò. Queste voci e questi rumori sono l’India.
Per fortuna, per una volta, il servizio è stato veloce e pronto: con un motorisciò siamo arrivati all’albergo che abbiamo scelto sulla Lonely Planet. Abbiamo preferito stare su una sistemazione “medio-costosa” almeno per una notte, visto che sto accusando e pagando lo scotto dell’aria condizionata del treno e dei continui sbalzi di temperatura tra i 40° del “fuori” e i 15° del “dentro”. Dovrebbe essere un albergo molto particolare, con quadri antichi appesi alle pareti e un proprietario con il quale poter scambiare quattro parole.
“Non c’è posto”. Il proprietario ci dice che c’è suo cugino che gestisce l’hotel proprio accanto. Ok, bussiamo all’albergo vicino. Ed eccoci in una bella e pulita camera. Il posto si chiama “Palace of Ganges” e infatti dalla nostra finestra si vede questo enorme volume d’acqua in silenzioso movimento.
Ieri dal treno ho visto una cosa meravigliosa. E non so neanche perché io la definisca così. Ad un certo punto il treno ha iniziato a “sorvolare” il Gange. Era impressionante: il treno era “appeso” sull’acqua a trenta, quaranta metri d’altezza. Sotto: questa massa color ambra che silenziosa si muove lenta, seguendo la propria corrente. Era la prima volta che lo vedevo.
Il Gange regala la stessa sensazione di quando ci si perde guardando il mare. Un po’ per le dimensioni (è immenso), ma soprattutto perché si mostra come un essere impressionantemente vivo, un’identità precisa, un qualcosa che respira, un immenso corpo fluido che si accomoda e si rivolta nel suo letto umido, un’eminenza davanti alla quale provare soggezione.
Esattamente come si è materializzato all’improvviso sotto i miei occhi all’inizio del ponte, così alla fine del passaggio, il Gange si è esaurito. Ho guardato ancora verso il basso e ho visto che sulla riva del fiume c’erano alcune persone e, osservando meglio, c’era anche una macchia rossa, forse arancione (qui i colori sono indefinibili per la loro infinita quantità di gradazioni). Una macchia rossa bagnata: era un corpo avvolto in una stoffa. Era una persona morta.
Il cadavere stava per essere gettato nel fiume. “Ma allora è vero!” ho pensato. Sì, è vero: i corpi vengono buttati nel fiume ed è stata la cosa più serena e dolce che abbia visto fino a quel momento in India. Naturale. Sembrava che il fiume fosse lì, pronto ad accogliere quell’involucro vuoto, a riprendersi quella “scatola” dopo questo ciclo di vita.
Come quasi dicesse: “Ce ne hai messo di tempo, eh? Dai, vieni che ti accolgo e ci penso io a te. Non ti preoccupare. Adesso ricominciamo…”.
È strano perché in questo istante il Gange è proprio qui fuori dalla finestra. Basta che alzi la testa leggermente per vederlo. E invece non voglio. Non lo so. Ma è come guardare negli occhi un animale. Sembra uno specchio più che una massa d’acqua, ma non uno specchio materiale, uno specchio emozionale, spirituale, esistenziale. La famosa eminenza davanti alla quale inchinarsi.
Oggi sono davvero malata. Che bell’alibi… ho la febbre e non me la sono sentita di uscire. È vero: forse non me la sono sentita anche per altri motivi. Ho preferito “mandare avanti” Valerio, il mio compagno di viaggio e di questo (spero più lungo possibile) pezzo di vita. Mi sono fatta il mio bel pianto stamattina. Ho pianto di stanchezza, di febbre. Ma anche, sono sicura, perché non riesco ad “entrare” in questo paese, così come vorrei. Non ancora.
Caspita: è il paese della spiritualità e io ho chiuso i battenti con la meditazione. Non ci riesco in questo momento e non voglio. Punto.
E così ho chiuso tutto, arroccata dietro al “sto bene così” e non concedo nulla. In fondo posso sempre barricarmi, con il coltello fra i denti, dietro al fatto che questo è sì un paese spirituale, ma che c’è anche tanta povertà, tanto sporco, tanti fastidi, ritardi e contrattempi. E che quindi ho tutto il mio bel motivo per essere chiusa!
Ma forse è semplicemente perché l’India è “troppo”. Troppe emozioni, troppi stimoli, troppo rumore, troppo “Io, India, rifletto solo quello che tu sei, sei sicura di avere capito, Caterina, ciò che sei? Ti sei forse già persa?”…
Mi dispiace perché sto perdendo un’occasione preziosa. Forse il primo viaggio in India è quello turistico, per prendere le misure. Forse la seconda volta è quella per l’anima. Mamma mia quante scuse, quante giustificazioni mi sto dando.
In quante strette e squallide scatolette di certezze sto cercando di far entrare l’India e quello che mi sta provocando dentro…
Qui è tutto troppo scioccante. Altro alibi….
Potrei trovare mille cose che non vanno bene, ma la verità è un’altra. Sento che c’è qualcosa che mi sta chiamando ma non riesco a capirne le parole. Qualcosa sta lavorando dentro anche se io faccio la resistenza più serrata di questo mondo.
La verità è che l’India è sporca e preziosa insieme, cattiva e mamma allo stesso tempo, minacciosa e fragile, invadente e schiva. L’India è di un grigio-marrone-nero profondo. Quello delle botteghe di latta luride fino al soffitto. Tutto è di questo colore: pareti, cibo, vestiti, bambini, cani, scrofe.
Ma l’India è anche gialla zafferano, rossa camelia, azzurra mare, verde acido, rosa, viola, lilla, cobalto, indaco... Ma come è possibile? Come è possibile che sia tutte queste cose insieme? Ma che schiaffoni mi sta dando! Ma quanto forse ne ho bisogno?!
Ok, va bene: oggi mi riposo tutto il giorno. Oggi è vacanza. Anche dall’India. Lo so, sono anche preoccupata per Valerio. E fino a quando non sarà qui e potrò riabbracciarlo non sarò tranquilla. Mi farò raccontare tutto ciò che ha visto “là fuori”. Poi toccherà a me. Domani. Oggi è vacanza.